Polvere alla polvere
- Gloria
- 2 ago 2016
- Tempo di lettura: 2 min

Ci sono volte in cui tenere la macchina al riparo dalla polvere non è così importante. Il concerto di domenica è stato una di quelle volte.
Domenica 31 luglio in quel di Viterbo ha tutta l'aria di essere una giornata particolarmente calda per chi, come me, vivrebbe d'autunno per tutte e quattro le stagioni. Ma, nonostante questo, ho le mie eccezioni:
qualche giorno di vacanza ad Orvieto
l'occasione per rivedere una coppia di amici di Ostia dei quali ho fotografato il matrimonio quasi due anni fa
il concerto ad un'ora e un quarto di una band che non vedo da agosto dell'anno scorso
sono elementi che fanno un'eccezione bella e buona.
Ho deposto le armi contro il caldo che, poi, arrampicati com'eravamo in un'area verde di Caprarola, non si è nemmeno fatto vedere.
Attrezzatura ridotta al minimo (la 6 e i fissi, 35 e 85), classico abbigliamento estivo all-black con jeans lunghi e le Converse, inseparabili e fedeli per matrimoni e concerti, hai 30 anni ma a volte è come se non cambiasse mai niente. Sarebbe necessario un altro elenco puntato, volendo, ma non parliamone qui.
C'è anche Daniele, che conosco da tempo e che sarà il fotografo ufficiale dell'Eco Sound Fest; non lo vedo da un po', mi invita a fare le foto nel pit con lui.
Il mio sì verrà disatteso, stranamente, anche contro le mie aspettative.
Ma.
È difficile da spiegare, ma indossare i panni della fotografa richiede un cambio di prospettiva che va voluto; ci sono paradigmi diversi, un punto di vista che ha un corollario di scelte e conseguenze tutto suo.
Stasera vorrei solo godermi il concerto dal pubblico, quella che a volte chiamo la parte sbagliata del pit, amichevolmente.
I Santi Bevitori.
Giancane.
Il Muro del Canto.
E non c'è verso che passi quelle transenne, mentre canto a squarciagola con Simonetta, che ci eravamo promesse sulla dedica di un libro (500) di ritrovarci assieme sotto al palco del Muro. E abbiamo condiviso tutto, abbiamo ballato insieme su Peste e Corna ridendo e non coordinandoci per niente su un walzer improvvisato, mentre la 6 mi stava appesa addosso dondolando con me nella polvere di tutti quei passi messi assieme, del pogo del pubblico che ho sfidato per qualche foto centrale fra le braccia alzate e i cori, temendo di finire per terra, anzi, temendo piuttosto che ci finisse la 6.
Scialla.
Stare lì è essere in un'altra dimensione. Stare lì è fare le foto mosse, sporcarsi le scarpe, pestare i piedi e farsi pestare.
C'è una ragazza alta e vestita di rosso, credo, che mi chiede scusa prendendomi la mano destra e baciandomene il dorso; non fosse che sono una pessima ballerina, avrei fatto un walzer anche con lei.

È la favola di una domenica di fine luglio in cui ho ancora 30 anni ma non me ne ricordo nemmeno io.
Tutta l'attenzione all'attrezzatura è un pensiero felice senza peso mentre scatto con il braccio alzato e le scarpe sporche di polvere.
G.
Un po' di link:
> Giancane



























































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